La generazione Z e il dopolavoro: trovare un equilibrio tra ambizione lavorativa e benessere collettivo
- Fitel Emilia Romagna
- 1 giorno fa
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Il tempo libero dei giovani oggi è un campo complesso, intrecciato non solo con l’ubiquità del digitale e il potenziale dell’associazionismo, ma anche e sempre più con le sfide del mercato del lavoro e l’emergere di nuove professioni. Queste dinamiche influenzano profondamente il modo in cui i giovani percepiscono e gestiscono il loro dopolavoro, spesso trasformandolo da momento di svago in tempo di ansia o di necessaria preparazione, in un contesto dove l’individualismo sembra prendere il sopravvento sul collettivismo, e la presenza nei tradizionali dopolavoro è sempre più scarsa.
In Italia, come in molti paesi europei, i giovani affrontano un mercato del lavoro sempre più precario e competitivo. La mancanza di opportunità stabili, i contratti a termine, gli stage non retribuiti o sottopagati e la difficoltà di ottenere un’indipendenza economica generano un senso diffuso di incertezza e stress. Questa pressione si riversa direttamente sul tempo libero, che diventa un investimento per il futuro, un’occasione per acquisire nuove competenze, frequentare corsi di formazione, migliorare il proprio curriculum o cercare opportunità lavorative. Il confine tra studio, lavoro e tempo libero si fa sempre più labile, portando a una sorta di “iper-produttività” anche nelle ore libere, dove l’attenzione si sposta sul “fare per sé” piuttosto che sul “fare insieme”.
La fatica e lo stress legati a orari irregolari o a stipendi insufficienti erodono le energie e la voglia di dedicarsi ad attività ricreative o sociali. Il dopolavoro si trasforma spesso in tempo per recuperare le forze o per assolvere a incombenze domestiche, piuttosto che un’opportunità di crescita personale o sociale che si alimenta nella condivisione. Per alcuni l’eccessivo ricorso al digitale nel tempo libero diventa una forma di evasione dalle pressioni lavorative, un rifugio temporaneo in mondi virtuali che, pur offrendo connessioni globali, possono amplificare un senso di isolamento se non bilanciati da interazioni reali.
L’emergere di nuove professioni, spesso legate al digitale, all’economia dei lavoretti (gig economy) o alla creatività, porta con sé nuove sfide che accentuano l’individualismo. La flessibilità oraria e la possibilità di lavorare da remoto, se da un lato sembrano offrire autonomia, dall’altro si traducono spesso in orari non strutturati e nella difficoltà di separare la vita lavorativa da quella privata. Questo può minare la creazione di legami forti e il senso di appartenenza a un gruppo o a una comunità lavorativa, tipici di contesti più tradizionali. La necessità di una formazione continua e di un costante aggiornamento delle competenze per rimanere competitivi si traduce in tempo libero assorbito dallo studio individuale.
Il valore crescente delle competenze trasversali (come creatività, risoluzione di problemi, comunicazione) è riconosciuto, e queste vengono spesso acquisite al di fuori dei contesti formali, anche attraverso hobby o volontariato. Anche in questo caso, tuttavia, l’approccio tende a essere più orientato al miglioramento personale, in chiave individualistica, piuttosto che al contributo a un bene comune. L’idea che il successo dipenda primariamente dall’individuo e dalle sue capacità di adattamento rafforza questa tendenza.
Un segnale evidente di questa evoluzione è la scarsa presenza di giovani nei tradizionali “dopolavoro”, intesi come circoli ricreativi, club sociali o sedi associative di stampo più classico. Molti di questi luoghi, nati per offrire socialità e attività collettive ai lavoratori, faticano a intercettare le nuove generazioni per diversi motivi: orari e strutture rigide non allineate ai ritmi flessibili dei giovani, una percezione di “vecchio” e di poco coinvolgente, e una forte competizione con l’intrattenimento digitale immediato e personalizzato.
Per affrontare queste nuove dinamiche è fondamentale adottare strategie che permettano ai giovani di vivere un tempo libero più sostenibile e costruttivo, ponendo al centro l’integrazione delle “competenze per la vita” (life skills), con un’attenzione particolare a come queste possano rianimare il senso di collettivismo in forme attuali e attraenti.
I giovani hanno bisogno di strumenti per gestire lo stress e l’ansia (anche con supporto di gruppo), sviluppare resilienza (rafforzata dalle reti di supporto), migliorare l’alfabetizzazione emotiva (fondamentale per i legami collettivi) e promuovere il pensiero critico e la risoluzione di problemi (potenziati dal lavoro di squadra).
Per raggiungere questi obiettivi è necessario intervenire a più livelli. Nel sistema educativo formale si deve adottare un approccio trasversale che includa le competenze per la vita in tutte le materie, privilegiando progetti di gruppo collaborativi che stimolino l’ascolto e il rispetto delle diverse opinioni. Le associazioni devono rinnovarsi e creare nuovi spazi di aggregazione, aprendosi a modelli più flessibili e orientati al progetto, come spazi di coworking (lavoro condiviso) con aree ricreative, maratone di sviluppo (hackathon), laboratori creativi open source o eventi culturali pop-up (temporanei). Devono diventare centri dinamici dove i giovani possano sviluppare competenze, connettersi e sentirsi parte di qualcosa che risuona con i loro interessi contemporanei. Il volontariato di breve periodo e ad alto impatto può essere un’ottima leva. Le iniziative mirate devono incentivare la cooperazione attraverso laboratori e percorsi che valorizzino il contributo di ciascuno al successo comune. Anche le famiglie possono giocare un ruolo chiave, incoraggiando non solo l’autonomia ma anche la partecipazione alle attività familiari e comunitarie e il supporto reciproco. Infine il mondo del lavoro ha un ruolo cruciale nel promuovere le competenze per la vita e il senso di collettività, ad esempio con programmi di inserimento che includano moduli sul benessere mentale e spazi per la socializzazione informale.
Per attrarre i giovani verso queste nuove forme di aggregazione che bilancino la crescita individuale con il senso di comunità è fondamentale puntare su tre leve strategiche.
Esperienze “phygital” e contenuti rilevanti: il digitale deve essere una porta d’ingresso, non un muro. Si devono creare attività che fondano il mondo fisico e quello digitale (esperienze phygital), per un’interazione più completa e senza interruzioni. Ad esempio eventi ibridi che iniziano online (come sfide creative sui social o corsi introduttivi in diretta) e culminano in incontri fisici (come la realizzazione concreta di un progetto o un dibattito dal vivo). Le attività proposte devono essere autentiche, significative e legate agli interessi e ai valori dei giovani, come la sostenibilità ambientale, l’inclusione sociale o la tecnologia etica, con un impatto tangibile e visibile nella comunità.
Autonomia, flessibilità e senso di proprietà: i giovani vogliono essere protagonisti. Le nuove aggregazioni devono offrire spazi dove possano proporre idee, prendere decisioni, organizzare eventi e gestire progetti con autonomia e supporto discreto, creando un forte senso di proprietà. È cruciale offrire impegni flessibili e a progetto, dal micro-volontariato (impegni brevi e mirati) a progetti con durata definita, per conciliare studio o lavoro con la voglia di fare qualcosa di significativo.
Costruire una “tribù” affine e riconoscibile: al di là della singola attività, i giovani cercano una tribù, un gruppo di pari con cui condividere valori e interessi. Le nuove aggregazioni devono creare un’identità forte e un senso di appartenenza che superi il luogo fisico, magari attraverso un linguaggio comunicativo fresco, eventi sociali informali e opportunità di networking. Devono inoltre evidenziare i benefici personali che derivano dalla partecipazione, come lo sviluppo di competenze trasversali, nuove connessioni significative e la possibilità di sperimentare e imparare dagli errori in un ambiente protetto.
Il problema del lavoro e l’evoluzione delle professioni, insieme alla crescente spinta all’individualismo e alla scarsa attrattività dei dopolavoro tradizionali, rendono la questione del tempo libero dei giovani ancora più cruciale. Non si tratta solo di come i giovani lo riempiono, ma di come la società li supporta nel trovare un equilibrio sano tra le esigenze del mercato e il loro benessere personale e sociale, dotandoli di un “corredo di sopravvivenza” emotiva, sociale e pratica, che sia però arricchito da un ritrovato senso di comunità e collettivismo, essenziale per affrontare le complessità del futuro.
Laura Scandellari
Vicepresidente Fitel Emilia Romagna Aps